
Il Paese, noto importatore di rifiuti ( il 56% di plastica mondiale ) chiude le frontiere al rifiuto estero che troppo spesso contiene materiali pericolosi.
Già da quest’anno sarà stoppato un ingresso di rifiuti per 3,7 miliardi
La Cina ha deciso di chiudere i porti e le frontiere ma non alle persone: il governo ha deciso e comunicato all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), la sua decisione di non accettare più le spedizioni di 24 tipologie di rifiuti, e lo ha fatto con una campagna contro lo “scarto straniero???. Il divieto di importazione sarà in vigore dalla fine del 2017 e includerà anche gli scarti generati dalla lavorazione dell’acciaio e del settore tessile.
La motivazione è piuttosto semplice: insieme con plastica, carta e altre materie prime ad entrare nel Paese sono grosse quantità di rifiuti speciali che rendono inaccessibile il riciclo e il riutilizzo.
Lo svantaggio è che poi toccherebbe alla Cina smaltire come proprie tutte quelle sostanze potenzialmente nocive e non riciclabili, e tutto a scapito del proprio ambiente già messo abbastanza alla prova dall’inquinamento di produzione propria.
La rapida crescita industriale cinese ha accelerato il degrado ambientale costringendo gli enti governativi a lottare per regolare lo smaltimento dei rifiuti. Le città sono coperte da coltri di smog e le falde acquifere sono altamente inquinate.
Con la comunicazione fatta alla WTO la Cina vuole redimersi dal ruolo di grande discarica mondiale anche a scapito di un business ormai avviato.
Lo stato infatti è sempre stato un grosso importatore di scarti: lo scorso hanno ha importato dall’estero circa 7,3 tonnellate di materiali plastici per un valore di 3,7 miliardi di dollari.
I venditori degli scarti industriali sono Giappone, Stati Uniti e Hong Kong e ognuno di essi possiede una fetta del 10 % del volume complessivo importato.
Da questi Paesi proviene anche la più grossa quantità di carta da riciclo che genera un giro di affari pari a 500 milioni di dollari.
(Fonte Rinnovabili.it)
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